Incrociando i dati Coldiretti e il Wine Monitor di Nomisma, assieme al punto della situazione fatto recentemente dalle case vinicole al Vinitaly 2013, senza dar nemmeno troppo risalto ai numeri saltano all’occhio un paio di concetti: nel 2012 in Italia, complice la crisi economica, si è bevuto meno vino, mentre mercati esteri emergenti come Cina e Brasile sono in netta crescita in quanto a consumi. Basta fare due più due per capire come, oggi, l’opportunità più importante che il mercato offre alle aziende vitivinicole italiane non è tanto il mercato interno, quanto la grande crescita di consumi che garantiscono questi Paesi anche in proiezione dei prossimi anni.

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La carta dei vini di Jon Luty

Dati alla mano, sia per Nomisma che per Coldiretti i consumi di vino in Italia sono scesi del 2% attestandosi attorno ai 37 litri all’anno per persona. Lo spostamento di fascia invece non è chiaro: per Coldiretti sono in ogni caso aumentate le vendite di bottiglie più pregiate, con un aumento delle vendite nella grande distribuzione delle bottiglie sopra ai sei euro, mentre per Nomisma sono aumentate le vendite delle bottiglie ultraeconomiche da due euro a bottiglia. In ogni caso, ciò che è certo è che il consumo complessivo è sceso. Forse le ragioni non sono soltanto da ricercare nella crisi economica, dal momento che sembra stiano cambiando anche le “occasioni d’uso” relative alle bottiglie di vino. Soltanto il 27% degli italiani dichiara di bere giornalmente del vino a tavola, mentre la maggior parte si riserva di stappare una bottiglia di vino per occasioni particolari. Il vino a tavola, dunque, “tira di meno”, ed in questo senso un aumento dei consumi delle bottiglie un po’ più pregiate non è un controsenso, proprio perché utilizzate per lo più in occasioni particolari.

Invece, un vero e proprio boom si registra in Paesi come Cina e Brasile, dove però l’export italiano, pur essendo in crescita, è in ritardo rispetto ad altri concorrenti, in particolare nei confronti del “rivale storico” francese.

In particolare a destare interesse è il mercato cinese, in crescita vertiginosa anche se soltanto per le grandi città. Il vino fa trend per i nuovi ricchi cinesi, che sono disposti anche a pagare cara una bottiglia per affermare il proprio status sociale. I problemi sono però due.

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China Town di Lebin Yuriy

Il primo, riguarda la contraffazione. In Cina, i controlli sono ancora scarsi ed è difficile riuscire a mandare in porto grosse partite di vendita senza rischi. È fondamentale riuscire a trovare un partner giusto e serio, perché altrimenti può capitare ad esempio che le bottiglie arrivino in Cina e vengano copiate le etichette, oppure che le merci rimangano non pagate e delle operazioni di recupero crediti in Cina non sono proprio tra le più semplici. Per facilitare il partenariato sono intervenuti al Vinitaly anche dei rappresentanti di Alibaba, il più importante sito di e-commerce cinese, secondo i quali il mercato cinese potrebbe essere capace di vendere fino a centoventi mila bottiglie al giorno.

Il secondo problema riguarda la penetrazione nel mercato. Le bottiglie Francesi sono presenti in Cina da ormai dieci anni e sono identificate proprio come “le bottiglie pregiate” per eccellenza. Il 55% dell’import cinese di vino è francese mentre solo l’8% è italiano. L’Italia, che finora ha esportato quasi tutto in Germania e Stati Uniti, è arrivata tardi in Cina e dovrà trovare il modo per insediare i francesi in quello che sarà un importantissimo mercato negli anni a venire.