Le origini del vitigno Barbera sono senza dubbio molto antiche, ma le prime testimonianze circa la sua esistenza risalgono “solo” al XVII secolo, dove se ne accenna per la prima volta in un documento che si trova tutt’ora presso il municipio di Nizza Monferrato (Asti). Probabilmente esso era già conosciuto in precedenza – nel Quattrocento – con un nome diverso, ossia “grisola” o “grisa”, mentre viene catalogato ufficialmente come varietà nel 1798 nell’ampelografia della Società Agraria di Torino. Da quel momento il rapporto tra il vitigno e il territorio piemontese è molto più documentato, e si pensa che sia nato proprio in Piemonte.

Dai primi degli anni Novanta, una serie di nuove aziende e consorzi hanno ringiovanito l’immagine di questo vitigno e del relativo vino, implementando anche l’utilizzo di nuove tecniche.

Al riguardo possiamo citare il piemontese Giacomo Bologna, che ha introdotto il legno per affinare il celebre Bricco dell’Uccellone.

Il vitigno è oggi assieme al Sangiovese il più coltivato d’Italia, ed è molto diffuso in Lombardia,  in Emilia-Romagna e in Sardegna.  Tuttavia, come detto, è nel Piemonte, sua regione di nascita, che viene universalmente identificato.  È anche il vitigno più esportato in America, specialmente in Argentina e California.  Dà origine a svariate denominazioni Doc e Docg tra cui i più famosi sono Barbera d’Alba e Barbera d’Asti.

Il grappolo è di medie dimensioni, a forma di piramide. L’acino è sottile ma consistente, dal colore blu intenso, con maturazione tardiva. È adatto a climi secchi e terreni profondi e argillosi, soffre invece le gelate.