vite selvatica

Forse non tutti sanno che la vite, pianta da cui si ricavano tutti i generi di vino grazie alle sue migliaia di varianti di uva, comprende due sotto categorie principali: la vite coltivata (vitis sativa) e la vite selvatica (vitis silvestris). È opinione più comune che la vite coltivata (per lo meno quella europea) derivi dalla domesticazione della vite selvatica.

La vite coltivata europea ha una serie di caratteristiche che la contraddistinguono rispetto all’antenata: in quasi tutte le varianti presenta fiori ermafroditi, mentre la vite selvatica è generalmente dioica, cioè i fiori maschili e i fiori femminili sono portati da due piante distinte.

vite domestica

Si pensa che la vite selvatica fosse abbondantemente diffusa in tutta l’Europa prima dell’ultima glaciazione e anche in alcune zone dell’Asia e che la glaciazione l’abbia “spinta” verso l’Europa del sud. Secondo la teoria considerata più attendibile fino a non molto tempo fa ed elaborata da Vavilov, il cuore di tutte le viti coltivate si trovava in una regione a nord del Caucaso, in un territorio che corrisponderebbe approssimativamente all’odierna Georgia. Questa teoria, che sposava la causa di un’origine “orientale” dell’uva nostrana, era basata su alcuni dati di fatto che mostravano caratteristiche particolari in quest’area: la grande variabilità genetica, la grande abbondanza di viti allo stato selvatico, alcune tracce di produzioni di vino risalenti addirittura al 5000 avanti Cristo, testimonianze portate dalle prime maggiori civiltà come quelle egiziane e della Mesopotamia. L’utilizzo della vite come pianta coltivata sarebbe cominciato però più probabilmente proprio nella cosiddetta “mezzaluna fertile” della Mesopotamia, in Medio Oriente, il cui nome deriva dal fatto di essere stata una delle prime culle dell’agricoltura.

In seguito altre teorie, come quella di Levadoux, hanno sostenuto una corrente più “occidentalista” secondo cui, invece, molte varietà di viti coltivate in Europa Occidentale derivano dalla domesticazione di viti selvatiche locali ed altre da incroci avvenuti successivamente tra viti locali ed esemplari portati dall’Oriente.

mezzaluna fertile

Oggi i più moderni metodi di esame del DNA hanno permesso di dare delle risposte più chiare, sebbene molti interrogativi non hanno ancora trovato una soluzione. Che la vite abbia un’origine orientale non è messo in dubbio e non è un caso se da lì si è irradiata la cultura della coltivazione della vite e della relativa produzione di vini, ma l’origine delle viti europee è almeno parzialmente locale.

Bisogna considerare, poi, che anche il commercio via mare di uva appassita possa aver svolto una parte importante nel diffondere i semi di vite verso l’occidente (una volta la vite si moltiplicava anche per seme).

A diffondere la coltura della vite in tutte le aree costiere del Mediterraneo furono prima i Fenici e poi i Greci, mentre la successiva penetrazione delle coltivazioni nelle regioni interne del continente e verso l’Europa Orientale avvenne durante il periodo dell’Impero Romano. Proprio nell’Europa Orientale si “incontrarono” le due correnti di diffusione (quelle caucasiche e quelle europee).

Lo studio dei vari DNA ha evidenziato delle parentele spesso insospettabili che possono avere conseguenze importanti anche per gli storici, perché legano dei territori attualmente distanti e non è raro individuare alle affinità genetiche della vite anche affinità linguistiche tra popoli lontani, segno di avvenuti contatti che possono essere così riportati alla luce dagli angoli più nascosti della Storia.

2 commenti

  1. mario

    Devo contraddire in merito alla diffusione della vite nel mediterraneo da parte dei fenici. Semi di cannonau, vino endemico della Sardegna, sono stati trovati in alcuni contenitori all’ interno di un nuraghe dall’ analisi al carbonio 14 risalgono a circa 1.200 anni prima di cristo. I fenici sono arrivati 400 anni dopo. Inoltre altre coltivazioni sono state trovate nella valle del Tirso sempre di 2.200 anni fa’. Pertanto il vitigno cannonau e’ considerato il piu’ antico vitigno del mediterraneo

  2. mario

    Corriere della Sera > Archivio > «Il cannonau è il vino più antico del Mediterraneo»
    allego articolo tratto dal corriere della sera

    DUE SCOPERTE IN SARDEGNA POTREBBERO CAMBIARE LA STORIA DELL’ UVA. INDIVIDUATI VINACCIOLI DI 3.200 ANNI FA
    «Il cannonau è il vino più antico del Mediterraneo»
    Hanno scavato a Borore, nel centro della Sardegna. Hanno cercato sulle colline di Sardara a nord di Cagliari e ancora a Villanovafranca, nella pianura del Campidano. E hanno trovato centinaia di vinaccioli, i semi contenuti in un acino d’ uva, antichissimi, carbonizzati dal tempo: erano disseminati negli stessi luoghi, accanto a vasi e urne, e c’ è certezza che provenissero da viti coltivate da popolazioni nuragiche. Una volta portati in laboratorio e analizzati, assieme ai reperti archeologici e ai sedimenti trovati negli stessi siti, i vinaccioli hanno raccontato una storia sorprendente: quei resti di uva erano databili intorno al 1200 avanti Cristo, 3.200 anni fa, ed erano serviti per produrre vino, probabilmente il più antico del Mediterraneo, almeno di quello occidentale. La scoperta, dopo scavi effettuati dalla Sovrintendenza della Sardegna e dall’ Università di Cagliari, è di una équipe di archeobotanici e archeologi italiani e olandesi ampliata dal Cras, il Centro regionale agrario sperimentale di Cagliari. Ora, ricercatori delle università Bicocca e Statale di Milano stabiliranno con l’ analisi sul Dna che tipo di vino era quello prodotto in Sardegna tre millenni or sono. E, soprattutto, se i vitigni erano stati importati da altri luoghi (la Mesopotamia, per esempio) o erano autoctoni. «Se fosse confermata questa seconda ipotesi – spiega Massimo Labra, ricercatore dell’ Università Bicocca – bisognerebbe riscrivere la storia mondiale delle origini del vino. Perché, in attesa di prove scientifiche, si potrebbe ipotizzare non solo che il vino più antico del Mediterraneo si produceva in Sardegna, ma che sull’ isola le viti si coltivavano nel periodo in cui esplose la civiltà in Mesopotamia e poi in Egitto». Lo stato di conservazione dei semi è cattivo. Perciò i ricercatori hanno adottato un’ altra tecnica: «Abbiamo sviluppato una piattaforma biomolecolare, cioè una serie di macchine collegate tra loro per estrarre il Dna dei vitigni, capace di analizzare tutte le varietà di vite – spiega Labra -. Le prime analisi effettuate sono state svolte sui vitigni sardi. Da qui è stato tracciato il genoma che sarà messo a confronto con i pochi dati che si possono estrapolare dalle analisi sugli antichi vinaccioli per sapere a quale specie appartengono e se presentano affinità con quello della vite selvatica sarda, nato sull’ isola». Non è tutto. Da una ricerca collegata, commissionata alle due Università milanesi dalla cantina sociale di Dorgali, arriva una seconda notizia sorprendente per enologi e cultori del vino. Il cannonau sardo, che fino ad oggi si pensava fosse stato importato dalla Spagna, è di una varietà diversa da quella iberica e potrebbe essere nato in Sardegna. «Precedenti ricerche avevano evidenziato una similitudine tra il cannonau sardo, il grenache e il tocai rosso – spiega Gianni Lovicu, ricercatore del Centro regionale agronomo di Cagliari -. E finora si era pensato che il vitigno fosse stato importato dalla Spagna sul finire del Medio Evo. Invece analisi effettuate a Madrid hanno confermato una differenza tra i due vitigni». Insomma, il cannonau è il vino più antico del Mediterraneo? «Ancora non possiamo dirlo con esattezza – dice Fabrizio Grassi dell’ Università Statale di Milano – ma le possibilità sono alte. Comunque, già adesso la ricerca ha dato un primo risultato: per mantenere l’ originalità del cannonau sardo bisogna utilizzare vitigni del posto e non importarli da altri Paesi». Per questo la Cantina sociale di Dorgali ha organizzato un summit con produttori e agronomi: «Il genoma del cannonau deve essere preservato – dice Tattanu Piras, direttore della cantina – e noi lanceremo un programma per rinnovare i vitigni scegliendo piante autoctone». Marco Gasperetti GLI STUDI SORPRESE LA RICERCA Indietro nel tempo Scavi condotti in diverse aree della Sardegna hanno portato alla luce antichissimi vinaccioli (i semi contenuti in un acino d’ uva), databili intorno al 1200 avanti Cristo, 3.200 anni fa. Gli studiosi credono che provenissero da viti coltivate da popolazioni nuragiche. Probabilmente i più antichi produttori di vino del Mediterraneo. L’ analisi del Dna dovrà confermare l’ origine dei vitigni IL CANNONAU Vitigno autoctono Un’ altra ricerca, collegata alla prima, ha stabilito che il cannonau sardo, che fino ad ora si pensava fosse stato importato dalla Spagna sul finire del Medio Evo, è di una varietà diversa da quella iberica e quindi potrebbe essere nato in Sardegna

    Gasperetti Marco

    Pagina 18
    (3 agosto 2004) – Corriere della Sera

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